Un estratto dall’intervista rilasciata al lit blog Sul Romanzo:
Intervista a Barbara Baraldi
Di Morgan Palmas
Barbara Baraldi e il rapporto con la scrittura
Buongiorno, vorrei iniziare chiedendole a quale età si è avvicinato alla scrittura e se è stato o meno un caso fortuito.
Da ragazzina avevo una sorta di feticismo per la parola scritta, che mi spingeva a ricopiare le frasi dei miei libri preferiti sulle pareti della mia cameretta, usando lo smalto da unghie nere che ero riuscita a “estorcere” a mia madre per la promozione. Avevo bisogno di leggere quelle frasi ogni mattina al risveglio e di addormentarmi dopo averle lette. Non concepirei la scrittura se non fossi prima di tutto una forte lettrice. Crescendo, ho preso l’abitudine di raccontare storie ai miei fratelli più piccoli. Li tenevo buoni raccontando loro novelle spaventose. Un giorno, una persona mi ha detto: “Sei brava a raccontare storie, perché non le scrivi?”, e da lì non mi sono più fermata.
Se consideriamo come estremi l’istinto creativo e la razionalità consapevole, lei collocherebbe il suo modo di produrre scrittura a quale distanza dai due?
Seguo l’istinto creativo nella prima stesura dell’opera. Mi lascio guidare dalla storia che sento la necessità di narrare e dalla voce dei personaggi. Spesso mi sorprendono, facendo cose che inizialmente non avrei neppure valutato. Poi c’è la seconda parte del lavoro, quella di revisione e riscrittura. Sono molto severa con me stessa, riscrivo fino a che la melodia del testo non mi sembra accordata.
Moravia, cascasse il mondo, era solito scrivere tutte le mattine, come descriverebbe invece il suo stile? Ha un metodo rigido da rispettare o attende nel caos della vita un’ispirazione? Ce ne parli.
Scrivo tutti i giorni: la scrittura, per me, è come un’amante. Va corteggiata con dedizione e costanza, altrimenti ti volta le spalle. Ci sono giorni in cui l’ispirazione regna sovrana e le dita scorrono sulla tastiera. Altri fatico a mettere insieme le parole, o tendo a distrarmi. A volte la scrittura mi ha premiata: ci sono pagine di cui sono orgogliosa, nate proprio in una giornata “no”.
Di che cosa non può fare a meno mentre si accinge alla scrittura? Ha qualche curiosità o aneddoto da raccontarci a riguardo?
Per scrivere ho bisogno di una certa concentrazione. Non necessariamente silenzio: mi piace ascoltare musica di sottofondo, e qualche canzone finisce per entrare tra le righe. Anzi, un brano a cui sono particolarmente affezionata è diventato il titolo di un romanzo! Grazie al mio portatile posso spostarmi ovunque, e così l’estate scorsa ho scritto parecchio in riva al mare, nel tardo pomeriggio, quando si alza la brezza e il rumore delle onde diventa ipnotico. A casa di un’amica sono nati i combattimenti tra demoni del finale di Scarlett. Se sono a casa mia, prima di mettermi alla tastiera mi piace accendere una candela profumata al patchouli. E poi cerco di avere sempre a portata di mano una scorta di caramelle: durante la scrittura divento famelica!
Wilde si inchinò di fronte alla tomba di Keats a Roma, Marinetti desiderava “sputare” sull’altare dell’arte, qual è il suo rapporto con i grandi scrittori del passato? È cambiata nel tempo tale relazione
Durante un mio soggiorno a Parigi sono andata a trovare Oscar Wilde e Jim Morrison, due dei miei miti di quando ero ragazzina, al Pére-Lachaise. No, il mio rapporto con gli scrittori del passato non è mutato col tempo. Mi sento strappata all’epoca del Romanticismo. Verso i classici che mi hanno formata provo ancora oggi un misto di riverenza e meraviglia, e non smetto di rileggerli.
L’avvento delle nuove tecnologie ha mutato i vecchi schemi di confronto fra centro e periferia, nonostante ciò esistono ancora luoghi italiani dove la letteratura e gli scrittori si concentrano? Un tempo c’erano Firenze o Venezia, Roma o Torino, qual è la sua idea in merito?
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