Ho ricevuto in questi giorni due mail; la prima di Fausta, e la seconda di Marco. Con piacere pubblico le loro impressioni su Lullaby.
L’ultimo romanzo di Barbara Baraldi ti incatena in un vortice di emozioni già osservando la grafica della copertina, e poi il titolo, Lullaby la ninna nanna della morte è un invito dolce e terribile ad addentrarti nei meandri dell’animo umano.
I personaggi racchiudono in loro tutte le perversioni, le insicurezze, i dolori, le aspirazioni, le frustrazioni proprie dell’animo umano, sapientemente distribuite dall’autrice per dare ad ogni personaggio una caratteristica che lo identifica e che a volte lo rende amabile atre detestabile. Le vicende sono ambientate in un paese di provincia di cui Barbara abilmente descrive l’atmosfera che si respira, densa di indifferenza celata da discrezione e un serpeggiare di pettegolezzi, invidie e bassezza che condizionano inevitabilmente la vita dei personaggi.
I personaggi che incontriamo ricoprono un arco temporale che abbraccia tre generazioni. L’anziana madre di Marcello che non è mai stata amorevole con il figlio e che pertanto dal figlio riceve una sterile assistenza dovuta più a motivi opportunistici che affettivi. Marcello aspirante scrittore e il suo presunto amico Fede, divenuti amici più per la consueta condivisione di un luogo negli anni, che per affinità intellettive, affettive, nonché di stima reciproca. E poi Giada e Luana, figli di una generazione che pretende il rispetto rigoroso delle regole e dei valori morali, ma che vive ai margini di una vita tutt’altro che esemplare, che pur rappresentando due modi diversi di vivere l’adolescenza, sono legati da una forte amicizia.
Giada espressione di una adolescenza tormentata, nel ricordo di una fanciullezza morta a sei anni, ricerca affannosamente visibilità e affetto agli occhi miopi dei genitori e a quelli dell’ambiente in cui vive.
Luana bella come una fata, o come un angelo senza ali, vive in un mondo dorato e artefatto, accettando in maniera incondizionata regole imposte dalla scuola, dalla famiglia, dalla società. Il libro con una trama intricata, in cui si dipanano situazioni mai prevedibili, pur presentandosi come un noir in cui non mancano una serie di terribili omicidi descritti a tinte forti, ci rasserena nel finale lasciandoci intravedere la possibilità di riscatto dovuta ad ogni individuo. Brava Barbara per le emozioni che riesce a trasmettere attraverso la tua scrittura e per la sensibilità con la quale racconti la vita.
Fausta
Cara Barbara, (se fosse una recensione scriverei semplicemente Barbara Baraldi) è difficile non trovare parole di encomio per questa tua (sua) ennesima conferma letteraria. A mio avviso, ma è evidente a tutti -come lo è stato da subito per Massimo Carlotto, papà del noir italiano, che ti (la) consacra come penna autorevole del gotico con la sua citazione: Vero e fighissimo gotico. Me lo sono bevuto- che, effettivamente, leggere i tuoi (suoi) libri equivale a dare una rapida scorsa a un qualcosa che assomiglia a un brutto sogno, dibattersi in esso menando le braccia all’aria, cercando di allontanare il più possibile un raffronto tra i personaggi e noi lettori, terrorizzati da similitudini e forzature che sappiamo vere. Ancora una volta -come in “La bambola di cristallo” e “La casa di Amelia; tuoi titoli ai quali “personalmente” mi sento più legato- mi sono smarrito tra le righe (ci si smarrisce tra le righe), fagocitando parole, spazi vuoti, punteggiatura e visioni per poi ritrovarmi sospeso (ristrovarsi sospesi) a fluttuare nel mondo nero del tuo (suo) stile narrativo, dettato con giusto ritmo, ora dolce ora perentorio, alla scoperta di ogni personaggio.
Pagina dopo pagina, in Lullaby, incontriamo persone che sulla loro pelle vivono e allo stesso tempo incutono ira, indifferenza, soggezione, paura, follia, disamore, morbosità, sottomissione e delirio… Assomigliano a qualcuno a noi “forse” troppo vicino? Può darsi che sia così. Oppure, ipocriti crediamo che siano infinitamente distanti e dissimili da noi? E’ un libro attuale, cinico, crudo! Una rilettura dei mostri e dei fantasmi che ci circondano, coesistono e coabitano nelle nostre stanze talvolta troppo vuote, siderali e asettiche, dove ci si rapporta col tempo: troppo per conoscersi veramente; troppo poco per indurre alla follia dell’incontro a tutti i costi.
E alla fine, come scrivi tu (come scrive l’autrice) non manca davvero nessuno, ci sono tutti. E’ così deliziosamente gotico che si dovrebbe pensare “seriamente” a una trasposizione cinematografica, per far sì che diventi un film con la “F” maiuscola, uno di quelli per il quale valga la pena spendere i soldi in un cinema. Qualora accadesse, mi permetto una sola raccomandazione: prima di guardare il vostro vicino di posto, cercate di capire chi siete veramente!
Marco