«Scappa, Dylan, presto! Taglia la corda, prima che tutto ti precipiti addosso…
Fuggi, non ti accorgi che “Casca il mondo”?»
Scrivere aiuta a esorcizzare le paure, le intrappola nella carta, le rende qualcosa che puoi guardare negli occhi. Così diventano più piccole, le loro voci più flebili.
È lo stesso motivo per cui leggiamo storie di paura. Lo facciamo da quando siamo bambini, attratti irrimediabilmente dalle fiabe più nere, che regalano quel brivido che diventa una piccola vittoria contro il buio, se solo abbiamo il coraggio di raggiungere l’ultima pagina.
Ma cosa succede quando ti viene chiesto di parlare di uno dei tuoi Demoni della porta? Quelle creature che ti tengono in scacco e di cui, lo sai, non ti libererai mai. Non importa quanto a fondo scaverai per imprigionarli in una fossa al centro della stanza più segreta della tua mente, i Demoni della porta ormai fanno parte di te. Perché le cicatrici lasciate da certe esperienze sono troppo profonde, ti hanno infettato il sangue. E basta una notte più oscura, un dolore o un momento di debolezza per farle riaffiorare.
Il mio Demone della porta mi assale quando sento rumori troppo forti, suoni bassi o striscianti. Il mio Demone della porta mi fa localizzare una via di fuga ogni volta che entro in una stanza gremita. Il mio Demone della porta torna più prepotente nel mese di maggio e certe notti, senza preavviso, mi sveglia alla stessa ora: le 4:04 del mattino. Il mio Demone della porta mi accompagna dal 20 maggio del 2012, visto che vivo (tutt’ora) sull’epicentro del terremoto dell’Emilia e da quella notte la mia vita è cambiata. Per sempre.
Poi un giorno Roberto Recchioni mi ha chiesto di guardarlo di faccia, il mio Demone, e di scriverci una storia per Dylan Dog. Ho impiegato più di un anno prima di prendere anche solo in considerazione la sua proposta. Anzi, la sua sfida. E alla fine ho accettato.
Così la mia esperienza da incubo si è trasformata in un albo dell’Indagatore dell’Incubo, il 393, dal titolo Casca il mondo, illustrato da quel fuoriclasse che è Bruno Brindisi. La meravigliosa copertina rosso sangue è di Gigi Cavenago.
La seconda sequenza dell’albo è all’incirca quello che è successo a me, mentre cercavo di uscire dal mio appartamento che da rifugio si era trasformato all’improvviso in una trappola da cui fuggire.
Ci sono gli sciacalli, la distruzione, l’incapacità di riconoscere il paesaggio, che quando vivi da sempre in un piccolo paese diventa parte di te e finisci per assomigliargli. C’è il senso di vuoto e ci sono le macerie, che a forza di viverci accanto diventano uno stato d’animo. E c’è anche il Drago, non è uno spoiler, lo vedete nelle tavole rilasciate come anticipazione. Il Drago era il modo con cui i bambini più piccoli disegnavano il terremoto. Loro, saggi e coraggiosi, sanno che per sconfiggere un demone devi prima dargli un nome.
La storia fa parte del Ciclo della Meteora e uscirà in tutte le edicole a partire dal 29 di maggio. Un dettaglio che mi strappa un brivido perché è la stessa data della seconda, terribile, scossa del 2012. Una pura casualità, che spalanca uno spiraglio di luce nel giorno di un anniversario che gli scorsi anni vivevo in apnea.
Qualche giorno fa, ho letto le bozze dell’albo e arrivata all’ultima pagina, non mi vergogno di dirlo, ho pianto. Ho pianto perché mi sono resa conto che anche se non smetterà mai di tormentarmi, ora quel demone è rinchiuso nella prigione perfetta: un albo “dylaniato”. Ora, le cicatrici sono diventate una storia, che spero possa esorcizzare la paura di chi come me ha affrontato un’esperienza feroce come può essere quella del terremoto.
Ho appena finito di leggere il Dylan che lei ha egregiamente scritto e sceneggiato e devo ammettere che a 45 anni arrivato alle ultime pagine ho pianto anche io. Vorrei ringraziarla per avermi emozionato e complimentarmi con Lei.
Grazie di cuore, Pietro. Ci ho messo l’anima in questa storia e se esce tra le pagine non può che farmi un gran piacere. Buona domenica!