Matteo Grimaldi mi ha intervistato per il portale Sololibri.net:
Barbara, intanto ti do il benvenuto a quella che non sarà la solita intervista chilometrica, ma solo 4 chiacchiere contate.
Prima chiacchiera: La tua biografia letteraria parla chiaro: un lunghissimo elenco di successi in pochi anni. Il momento in cui tutto cambia nella vita di un artista è quasi sempre uno e ben preciso. Qual è stato il tuo, quello in cui hai avvertito che ce la stavi facendo sul serio?
Non credo ci sia stato un momento preciso in cui tutto è cambiato. Nella mia vita, a dire la verità, non ha mai funzionato così. Ogni traguardo, ogni cambiamento, è stato raggiunto grazie a piccoli passi, fatiche giornaliere affrontate con dedizione. All’inizio coltivavo la scrittura segretamente, come un fiore troppo delicato per essere svelato. Poi ho deciso di proporre il primo manoscritto per la valutazione. Dopo una serie infinita di rifiuti o di proposte da parte di editori a pagamento (che ero io rifiutare, confidando che prima o poi qualcuno avrebbe creduto in me senza chiedermi di sborsare soldi) è arrivata quella che aspettavo: un editore di nicchia, ma serio e reperibile, almeno su richiesta, in libreria. Ispirandomi a ciò che facevano le band musicali, ho creato una pagina promozionale su Myspace. Ho cominciato con le presentazioni. Sono arrivate le prime mail da parte di lettori che mi spronavano a continuare a scrivere, regalandomi le loro emozioni scaturite dalla lettura. Contemporaneamente, ho tentato la via dei concorsi letterari. Penso che rappresentino un ottimo modo per essere letti dai professionisti del settore. Così, è arrivata la vittoria al Gran Giallo Città di Cattolica, uno dei concorsi di “genere” più importanti in Italia. È stata una grande emozione sapere che scrittori come Carlo Lucarelli, Andrea G. Pinketts o Valerio Massimo Manfredi, avevano letto e apprezzato il mio racconto; una vera e propria botta di adrenalina. Ho continuato a scrivere con passione. Scrivevo la notte, la domenica o a volte la mattina prestissimo, prima del lavoro canonico “che mi toccava fà, pe’ campà”, come direbbe un caro amico. Penso che per proseguire in questo cammino, la passione sia necessaria quanto la determinazione, unita a una certa incoscienza. Passo dopo passo, sono arrivata alla pubblicazione con Mondadori. Ma il cammino è ancora lungo. E la strada sempre in salita.
Seconda chiacchiera: ‘Lullaby’ racconta di vite ossessionate, che nascondono le proprie pulsioni agli occhi degli abitanti della provincia, incapaci di vedere oltre la veste di apparente normalità che mostrano. Uno scrittore che non trova l’ispirazione, una studentessa in continue crisi di autolesionismo, una famiglia modello che custodisce un segreto ancorato nel passato. Cosa può spingere una persona normale a trasformarsi in un assassino? E cos’è normale?
Spesso mi capita che l’idea per un romanzo nasca da una visione, da cui scaturiscono delle domande. Difficilmente, al termine della stesura, mi trovo in mano le risposte; più spesso, altre domande. I personaggi di Lullaby sono in bilico tra le loro aspirazioni e la cruda quotidianità, fatta di frustrazioni e di esistenze al margine. La violenza è palpabile, nel microcosmo esistenziale del romanzo. Attraverso i resoconti dettagliati dei telegiornali, entra nelle case senza alcun filtro. Si insinua e si propaga attraverso un segreto terribile custodito gelosamente. Penso che non esista la normalità, e che ricercarla in maniera ossessiva, possa portare alla pazzia.
Terza chiacchiera: Sul tuo sito definisci ‘Scarlett’ un libro urban fantasy/supernatural romance. Continue reading