Aurora è uscita dal buio

Scrivere Aurora nel buio è stato un parto difficile. Ho iniziato a lavorarci dopo il terremoto dell’Emilia, tra le ferite del mio paese che non sarebbe più stato lo stesso, se non nella mia memoria. Ma la voce di Aurora, così complessa e seducente, non mi lasciava tregua. Come un’ossessione che ti lega e non ti lascia scampo. Come un vortice che ti inghiotte.

Aurora era una luce che brillava, su tutte le difficoltà, nel buio della sua mente. Quattro anni per la stesura definitiva, anni in bilico, tra le vie di Sparvara. Grazie a voi, Aurora è uscita dal buio. E io sono qui a ringraziare tutti per l’affetto, il supporto, le emozioni che mi avete restituito e che sto raccogliendo nell’album dedicato al romanzo. Con questo post ho radunato le opinioni apparse in rete e sulla carta stampata sul romanzo.

Per Erika Zini di WonderfulMonsterBook «uno stile asciutto, essenziale e allo stesso tempo estremamente vivido è alla base di un romanzo imperdibile per gli amanti dei thriller, delle atmosfere scure, degli eroi “con macchie”, dei sopravvissuti. Aurora nel buio è uno dei migliori romanzi usciti in questi mesi del 2017, sarebbe un delitto non leggerlo».

Per Marco Cavallini di Spectraweb «se il capolavoro La casa dalle finestre che ridono rappresenta per voi un culto assoluto, immergetevi nelle pagine di Aurora nel buio. Le finestre si riapriranno».

Diego Matteucci scrive su Horror Magazine che «il lettore entra in empatia con le parole scritte su un foglio di carta, ed è come una magia».

Dalle pagine del «Corriere di Novara», Eleonora Groppetti lo definisce «un thriller che va oltre i confini del genere per diventare l’omaggio a una terra ferita dalla natura».

«Probabilmente il miglior romanzo del millennio insieme a Wayward Pines di Blake Crouch» è il verdetto di Umberto Visani, scrittore e giornalista di «Ufo International Magazine».

Per il mensile «Amica», Aurora Scalviati è «una moderna Cassandra che si butta tra le tenebre in un romanzo avvincente e ben costruito».

Barbara Salardi nel suo blog consiglia Aurora nel buio «perché è un romanzo scritto benissimo, con una trama solida, un ritmo serrato come i thriller migliori, ma che ti fa anche provare forti emozioni».

Questa l’opinione di Matteo Barbieri, dalle pagine de «La Voce di Reggio Emilia»: «Aurora nel buio è un thriller che gioca su ritmi accelerati e intuizioni geniali, un gioco di scatole cinesi immerso in un’atmosfera cupa, greve, dove la bassa emiliana, incarnata nei tratti di Sparvara, diventa il paesaggio perfetto per un killer».

Sul portale Un buon libro non finisce mai Aurora nel buio è definito «un thriller tutto da scoprire e assaporare. La mole di pagine sfila via velocemente grazie alla suspense che tiene alto, continuamente, il ritmo della storia. Barbara Baraldi riesce ad incuriosire, con il suo stile diretto, e a far temere per il peggio. Tutto ciò rende il lettore incapace di interrompere la lettura».

Per Matteo Marino, autore dei due volumi del Dizionario delle serie TV, «Aurora nel buio di Barbara Baraldi è il thriller ideale per l’annuale appuntamento con la sabbia e la crema solare. E questo nonostante non abbia nulla a che fare con spiagge e onde: vi trasporterà anzi altrove, ma proprio altrove, nella nebbia della Bassa, in un mondo sospeso in cui i contorni delle cose sono meno netti e La casa dalle finestre che ridono può sconfinare in Alien (“Nessuno, oltre la coltre della nebbia, poteva sentirla urlare”), Il silenzio degli innocenti rivelare un cuore di tenebra, Carrie Mathison incontrare Sarah Linden, dove i riflessi sono argentei e c’è sempre tanta musica nell’aria».

L’Accademia Res Aulica premia Aurora nel buio durante la serata di chiusura dell’Anno Accademico 2017 perché è «un libro perfetto che mancava nel panorama letterario e ora c’è».

Dalle pagine di «Donna moderna» Gianluca Ferraris definisce Aurora nel buio «cinquecento pagine di tensione assoluta».

Valeria Martellotti ha recensito il romanzo per ThrillerNord: «Meravigliose le descrizioni della provincia emiliana dove si svolge la caccia al killer: dalla Bologna del 1300 dilaniata dalla peste, si passa ai giorni nostri in una regione che porta ancora evidenti i segni del terremoto che l’ha devastata ma non vinta».

«La protagonista principale, Aurora, che oserei definire la nostra Jessica Jones italiana, a mio avviso racchiude in sé la forza, la determinazione, l’intuizione, il senso di giustizia, il giusto cinismo, il pragmatismo e quel fondo oscuro dell’animo, irraggiungibile ma ben visibile, degno dei grandi personaggi della letteratura noir come Victoria Ifigenia Warshawski, Mike Hammer e Philip Marlowe» sono parole tratte dalla recensione di Marika Bovenzi per Letteratura & Cinema.

Su Economia italiana, Massimo Mistero lo definisce «Un romanzo che scorre via liscio come l’olio. Forte di una trama segnata da indubbie angolazioni di novità; impregnata di fascinose ambientazioni e misteri; supportata da personaggi forti e intriganti».

«Da leggere tutto d’un fiato perché quando ti ritrovi nel gorgo delle azioni descritte non puoi fare a meno di desiderare di scoprire l’evento che ne sussegue. I personaggi sono tanti, difficile non schierarsi per l’uno o per l’altro, e anche nel desiderio di immaginare prima del finale di capire chi sia l’assassino si resta interdetti da nuove rivelazioni». Su UnoDodici è uscita una bella riflessione su Aurora firmata Tonino Monti, fondatore e amministratore del Diabolik Forum.

«Tra incubi, paranoie e un paesaggio dall’atmosfera ansiogena, la Baraldi racconta un thriller brillantemente congegnato, passando dalle fiabe nere per bambini ai più reconditi segreti sepolti nella psiche umana. In un crescendo di tensione che raggiungerà il suo climax dopo vari colpi di scena, si mescolano magistralmente l’ambientazione moderna in cui si muovono i personaggi, e quella medievale». Su In Media Rex, la graffiante recensione di Aurora nel buio firmata Carla Marras.

«Aurora nel buio di Barbara Baraldi: un thriller Made in Italy migliore di molti bestseller americani» dice Azzurra Sichera nell’emozionata ed emozionante recensione uscita sul blog letterario Silenzio sto Leggendo. Parole che mi riempiono di orgoglio e offrono un bello punto di riflessione, perché è proprio così, a volte ai romanzi italiani si preferisce il brivido esotico. Un grazie a tutti coloro che sostengono gli scrittori italiani!

«In Aurora nel buio è un po’ come se i personaggi di un romanzo di Harris fossero i protagonisti de La casa dalle finestre che ridono» è la riflessione su Capitolo Nero firmata Ivan Castellucci, che ci tiene a precisare che non fa recensioni di libri, ma consiglia libri.

Per Gian Luca A. Lamborizio di MilanoNera «i riconoscimenti che Barbara Baraldi ha già ottenuto, in Italia e all’estero, parlano da soli. Questo romanzo è un’ulteriore conferma del valore della scrittrice emiliana, un bel noir, ma anche un thriller psicologico che scava in profondità negli abissi della mente umana. Altamente raccomandato».

Nevio Galeati, direttore del festival GialloLuna NeroNotte scrive su «Ravenna & Dintorni News»: «Non fatevi condizionare dal fatto che l’impalcatura della storia si basi sulla figura di un serial killer. Il romanzo parla di memoria, sofferenza, sensi di colpa; e, ancora, di fiducia, rapporti familiari e amore, con attenzione, cura e introspezione. Ma ci sono ritmo e colpi di scena continui, perché la Baraldi sa bene come un romanzo debba trascinare e attrarre il lettore nel proprio maelstrom».

Parole forti quelle di Patrizia Debicke su Contorni di noir: «La normalità non è certo di casa in questo romanzo. Tutti i personaggi, tormentati e difficili, sono i sofferti reduci da pecche, errori, traumi e gravi pene fatti o subiti nel passato. Ma soprattutto la follia è salita sul podio e dirige abilmente l’orchestra».

Dalle pagine del Corriere della Sera di Bologna, Massimo Marino rilancia: «Con Aurora nel buio, pubblicato da Giunti, Barbara Baraldi torna al genere che l’aveva lanciata, il thriller, e non risparmia atmosfere ad alta tensione e colpi di scena. È una storia di diffidenze e di segreti, di durezze e di ricerca spasmodica della verità per salvare qualcuno».

Gli fa eco Gianluca Veneziani per il quotidiano Libero: «Il Male fa più paura se si trova vicino, nei luoghi soliti e familiari, in quello che Freud definiva l’Unheimliche (ciò che è intimo e, insieme, ciò che è più inquietante). In quei casi fatichi di più ad afferrarlo, cioè sia a comprenderlo che a cercare di fermarlo».

Tra i consigli per le letture estive di Grazia, a firma Laura Frigerio, c’è Aurora nel buio, un romanzo «in grado di tenervi incollati al libro fino all’ultima pagina».

Per concludere, poche righe tratte dalla recensione uscita su «La Repubblica» e firmata Giancarlo de Cataldo: «Aurora è un personaggio decisamente moderno. Un incrocio tra la Saga Norén di The bridge e la Carrie Mathison di Homeland, schizzata e imprevedibile, angosciata e generosa, interprete di un pensiero divergente che la porta a scontrarsi con l’ottusità di un sistema in cui dominano il conformismo e l’ossessione delle procedure».

Dylan Dog «Gli anni selvaggi»: i commenti della rete

dylan-dog-gli-anni-selvaggi-coverSe, come suggerisce Vincent Left all’interno dell’albo, «il silenzio è morte», allora Gli anni selvaggi è più vivo che mai. L’albo sta facendo molto parlare di sé e, fin dal giorno della sua uscita, si rincorrono per la rete le opinioni dei lettori. Alla vigilia dell’uscita, lo sapete, mi tremavano le gambe per come questa storia sarebbe stata accolta. Oggi, per le emozioni che tutti voi mi state trasmettendo con le vostre parole. Naturalmente, se avete voglia di raccontarmi cosa ne pensate dell’albo, vi aspetto su Facebook. Nel frattempo, ecco una piccola carrellata di estratti da articoli usciti nei blog sparsi per la rete.

Jacopo Cerretti di C4Comics non ha dubbi: «Barbara Baraldi e Nicola Mari hanno consegnato ai lettori un albo bellissimo e calibrato in ogni spazio, in ogni dialogo ed espressione» aggiungendo che «questo è il miglior albo di Dylan Dog uscito quest’anno». Secondo lui «Barbara Baraldi si conferma una penna interessantissima e di valore inestimabile nell’ottica di mantenere vivo un personaggio tormentato come Dylan Dog. Gli anni selvaggi mi ha dato e tolto tutto nell’arco di 98 pagine, cosa che quando accade mi porta a tornare a pagina 1 e ricominciare la lettura, magari per cercare di trattenere qualcosa che puntualmente mi verrà strappato ancora via». Per il comparto grafico, «appare evidente che Nicola Mari e musica rock sono quanto di più armonico possa esistere. Mari è riuscito ad imprimere una rarefatta nostalgia nelle scene ambientate nel passato e un concreto e oscuro orrore nel presente».

Per Gli Audaci «non è mai semplice trasporre su carta emozioni forti. Con questo episodio Barbara Baraldi ci è riuscita in maniera cristallina e convincente, dimostrandosi una sceneggiatrice dotata di grande sensibilità. La scrittrice emiliana descrive la parabola distruttiva di un rocker e sembra di avvertire distintamente in ogni tavola il suono fragoroso dei sogni che si schiantano al suolo. Gli elementi tragici e gli spunti di riflessione si fondono alla perfezione, come accade solo nelle storie davvero profonde». Riguardo ai disegni, si tratta di «un Nicola Mari in stato di grazia. Le sue figure longilinee, i corpi sinuosi e imperfetti, fanno trasparire con immutata eleganza le profondità dell’anima».

Gianluca Tammaro su Rolling Stone evidenzia che «ci sono i ricordi, i rimpianti, “quello che volevamo fare” e “quello che poi siamo diventati”. Un Dylan umano e i mostri che siamo noi; anzi no, meglio: i mostri sono i nostri desideri – e quello che, pur di realizzarli, siamo disposti a fare».

43Per Lorenzo Jonas Stanislaus, che scrive nel blog La torre muove e scacco al re, l’albo «riesce a unire la vecchia guardia e chi non ha mai letto un albo della Bonelli». Secondo lui si tratta di «una storia perfettamente Doghiana (si scriverà così!?)» in cui «il dolore dei personaggi è talmente tangibile che si sente a pelle, la storia in sé a mio modesto avviso è alla pari alla miglior storia di Sclavi». Inoltre «graficamente è a dir poco eccelso, ormai l’unico che può superare il Maestro Mari è il Maestro Mari stesso».

Lorenzo Barberis su Barberist, al termine di un’approfondita riflessione sul simbolismo presente all’interno della storia, afferma che «questo secondo albo della Baraldi si muove bene su un complesso intreccio di sequenze temporali che si vanno a intersecare a snodi salienti del canone, modificandolo in modo significativo», per poi concludere che «la storia funziona a un primo livello, con l’abbondante uso del tradizionale splatter, eros e thanatos tipico già del precedente lavoro baraldiano: come nell’albo precedente, comunque, appare anche interessante l’intreccio “di secondo livello”, evocato dalla Baraldi con tante piccole suggestioni». Secondo lui «Anche nel prevalente acquerellato il segno di Nicola Mari è riconoscibilissimo e molto efficace, ma il meglio di sé lo dà quando può esercitare compiutamente la sua Opera al Nero (il “flashback profondo” 59-63, ma anche le varie sequenze splatter del presente). Il forte parallelismo tra il suo stile e quello della Baraldi contribuisce nuovamente alla riuscita dell’albo».

Roberto Arcuri su Jazz from Italy ammette: «sì, mi ero dimenticato di Dylan… ed ora non so più se lo avevo allontanato dalle mie frequentazioni perché credevo fosse cambiato lui o se, invece, fossi rimasto fermo io. Ma vivere nuovamente in quegli “Anni Selvaggi” le emozioni di “Boys Don’t Cry” o risentire anche solo l’eco delle sonorità elettroniche di “Black Celebration” beh, è stato più che ritrovare un amico, è stato come abbracciare me stesso…». Secondo lui «questa storia è dannatamente coraggiosa» e, riguardo ai disegni di Nicola Mari: «quei segni sono perfettamente imperfetti… non nel senso puramente estetico, che è fatto più di scosse elettriche, memoria dimenticata e rivelazioni individuali che di “regolette”, ma perché ascoltano la storia, si adattano a questa eppure la condizionano, la penetrano e gli colorano le gote, la vivono, insomma».

Concludo la carrellata con le parole dell’autore del post 2016: The killing machine? pubblicato sul blog Memorie di un fan istantaneo. «La storia è un omaggio al rock, al glam, alla new wave e Dylan questa volta è un romantico roadie per una band di amici. I disegni di Mari evocano la fisicità di Egon Schiele, la storia racconta di amore, musica e morte come nella migliore delle tradizioni rock’n’roll. Il successo diventa incubo materiale che uccide letteralmente chi svende la propria musica, la solitudine è la punizione di chi preferisce il successo all’etica personale e agli affetti. Sono topoi classici della narrazione rock ma sempre attuali, soprattutto oggi che le rockstar sono frutto di attente operazioni di marketing».

 

Dylan Dog «La mano sbagliata»: i commenti della rete

Studio di Nicola Mari per una scena de «La mano sbagliata»
Studio di Nicola Mari per una scena de «La mano sbagliata»

La rete ha espresso il suo verdetto sull’albo di Dylan Dog La mano sbagliata da me sceneggiato e illustrato da Nicola Mari. Ecco alcuni stralci dai blog che ne hanno parlato. Vi ricordo che l’albo sarà in edicola fino alla fine di settembre, quindi non è tardi per aggiudicarvene una copia e… esprimere la vostra opinione!

Secondo Simone Stefanini di Dailybest «Dylan torna ad essere dark, i Joy Division fanno da colonna sonora e l’atmosfera che si respira non è troppo lontana da quella che si respirava sugli scalini di Campo di Marte a Firenze leggendo “Il lungo addio” mentre aspettavamo che aprisse il Palasport per vedere i Cure del Wish Tour».

Roberto Meattini su L’angolo Dylan-Dogghiano del blog La voce di Thalìa sostiene che «i lettori de La Mano Sbagliata si trovano davanti ad un albo che non esito a definire D.O.C. (Davvero di quelli Originali Cacchio!) La storia messa in piedi da Barbara Baraldi è un notevole giallo noir, avvolto da arte, psicologia e dall’oscurità che la dimensione mortale proietta sull’uomo. In parallelo, giocano un ruolo di primo piano le tavole del maestro Nicola Mari, che mette “nero su nero” il perfetto stile tetro e, per essere banali, Tim-Burtoniano, che completa questo albo e gli dà piena forma».

Per Gianluca Zanzottera di Le conseguenze del troppo tempo libero «Il numero 348 è un’opera così piena e completa dal lato visivo che non necessiterebbe quasi di alcun dialogo, segno dell’ottima coesione che si è instaurata tra disegnatore e scrittrice».

Scrive Emanuele Chisari di Avison magazine: «la storia di amore tra Dylan e Anita non segue le linee classiche degli amori dylaniati, ricca di scene dal sapore dolce ma anche morboso e disturbante, una su tutte il tenero bacio che Dylan stampa sull’arto mutilato di Anita. Una scena con una carica emotiva forte e magnificamente scritta che rimane in testa per ore».

Per Mattia Spadini di Comcsviews La mano sbagliata è «Un albo da amare con ossessione, senza provare alcuna vergogna».

Voce fuori dal coro quella di Michele Garofoli di Lo spazio bianco, secondo il quale «La sceneggiatrice, pur riuscendo a trasmettere bene l’atmosfera malata della vicenda, fallisce nel dare continuità alla storia».

Daniele Ramella su Caffè Saturno sostiene che «è evidente che l’ispirazione e l’atmosfera sono mutuate dai primi film di Dario Argento, ma l’autrice infonde nella trama e nelle situazioni una vena dark che da tempo non si vedeva nel secondo fumetto italiano più venduto. La matita e la china di Nicola Mari sono intinte nelle tenebre dell’incubo e riescono a creare qualcosa che, a sua volta, è arte, più che fumetto».

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Tavola di Nicola Mari per «La mano sbagliata»

Secondo Tonino Monti del Diabolik forum, «I personaggi sono ben allineati nei loro ruoli di sospetti e possibili vittime, nell’apparenza stilizzati in personalità ambigue, ma mai volgari, nella condizione di creare un rapporto che determini la propria supremazia».

Tim Tirelli nel suo blog ricorda che «DYLAN DOG, il fumetto intendo, sta cercando la sua strada, recentemente si è imposto cambiamenti, ha bruciato certezze che davamo per eterne, è chiaro che sia in una fase un po’ brumosa, le storie di BARBARA BARALDI potrebbero incidere non poco nel tracciare i sentieri giusti; il personaggio di ANITA NOVAK dà l’idea di essere qualcosa di più che la protagonista femminile di uno numero solo».

Glauco Silvestri, sul blog Stretto in un angolo, scrive: «Mi piace la femminilità dominante di quest’opera, e l’ambientazione cupa, noir. Il Dylan Dog 348 è un albo maturo, adulto, molto potente. E’ cambiato parecchio dal Dylan Dog che leggevo anni e anni fa. Si tratta di una evoluzione che in parte mi piace, che mi spinge a pensare che il rinnovamento sia orientato a far piacere la testata ad adulti, che poi erano i ragazzini di ieri, quelli che leggevano il Dylan dei primi anni…»

Per concludere questa rassegna, l’opinione di Sara Silvera di Mondo nerd: «Roberto Recchioni alla fine del suo brillante editoriale consiglia di ascoltare “Bela Lugosi’s Dead” dei Bauhaus durante la lettura de “La mano sbagliata” e di esprimere un commento a riguardo. Ho deciso di provare, spinta dalla curiosità. È assolutamente perfetta. Il brano ha la stessa funzione delle litanie durante i riti sciamanici: la linea di basso e il ritmo cadenzato della voce permettono una completa immersione nell’atmosfera della trama. Assolutamente inquietante. Che dire di più? Mille di questi albi».

Dylan Dog «La mano sbagliata»: Le recensioni di Hermetical e Mangavorever!

11252158_809654725798087_7447243151376883901_nA un giorno dall’uscita ufficiale in edicola, la rete continua a proporre recensioni dell’albo di Dylan Dog «La mano sbagliata», scritto da me e disegnato da Nicola Mari. Oggi vi propongo uno stralcio dagli articoli apparsi sul blog Hermetical e sul portale Mangaforever.

Secondo Hermetical «Colpisce subito (e per tutta la storia) l’abilità della Baraldi, al suo esordio dylaniato, di offrire perfettamente il destro al talento artistico di Mari, mettendo in scena situazioni narrative che permettono di esaltare il tratto decadente di quello che è forse il più grande autore della “età argentea” di Dylan Dog.» Inoltre «l’albo si conferma un esordio eccezionalmente felice. Le nozze alchemiche tra Baraldi e Mari sono decisamente riuscite, e ci auguriamo di rivedere presto la regina dell’orrore in qualche nuova storia (perché non un duetto con Roi?) dove, nelle pozze di neri dylaniate, possa riversare la sua passione scarlatta.» Leggi il post completo qui.

Secondo Mangaforever «La carenza di personaggi di contorno caratterizzati con tale efficacia da restare impressi nella mente del lettore è stato uno dei motivi che ha portato le storie di Dylan Dog ad un evidente calo qualitativo. Anita Novak non avrà le peculiarità di una Bree Daniels o di una Lillie Connolly, amori storici e indimenticabili di Dylan, ma è una dark lady molto ben congegnata e di sicura presa grazie al raffinato lavoro di scrittura di Barbara Baraldi, al suo esordio sulla serie regolare.» Inoltre «la lettura trascina con buon ritmo ed è nella parte conclusiva che la storia fornisce gli apici emotivi di maggiore impatto, il thriller diventa psicologico, la scrittura si fa più affilata e s’intensifica la componente erotica con sequenze a tinte forti. Un Dylan affusolato e dallo sguardo malinconico si muove tra atmosfere dark e disturbanti, si stringe a sensuali figure femminili tra suggestivi giochi di luci e ombra, circondato da scenografie ricchissime e dipinti spaventosi di corpi straziati. L’angolazione d’inquadratura è sempre quella più efficace sul piano espressivo e i primi piani dei personaggi denotano forte intensità.» Leggi l’articolo completo qui.

 

Striges – La voce dell’ombra, la recensione di Sul Romanzo

L'illustrazione in copertina è di Nicoletta Ceccoli
L’illustrazione in copertina è di Nicoletta Ceccoli

Sul portale Sul Romanzo è uscita una bellissima recensione di Striges – La voce dell’ombra firmata da Stefano Verziaggi. Eccola!

Questa volta la Baraldi ha fatto centro. Proprio così, persino con l’articolo davanti al cognome: ma un motivo c’è, e poi lo scoprirete continuando a leggere. È uscito infatti in libreria Striges – La voce dell’ombra, il secondo capitolo della saga sulla strega Zoe iniziata appunto da Striges – La promessa immortale del 2013, sempre per Mondadori.

Capita che i sequel deludano. Inizio sempre un po’ fiacco, ripetizione di elementi già conosciuti per far ambientare il lettore, sviluppo di filoni che tutto sommato avevamo già immaginato. La voce dell’ombra inizia in modo del tutto inaspettato: avevamo lasciato Zoe, la nostra protagonista, in sella alla moto di Sebastian e in fuga da un destino già segnato che sembrava schiacciarli, e da cui invece sembrava giunto il momento di liberarsi. E invece, sin dalle prime pagine, ritroviamo Zoe da sola, in un ambiente che non conosce e che si rivela ben presto ostile. Di Sebastian, nessuna traccia. Tutto ciò che avevamo immaginato potesse avvenire viene radicalmente sovvertito dalla penna di Barbara, che cambia le nostre prospettive e ci costringe a seguire le storie della nostra eroina secondo i suoi tempi e i suoi ritmi.

Si tratta, senza dubbio, dell’aspetto che più mi ha colpito del secondo episodio della saga: la rinnovata capacità dell’autrice di tenermi e tenerci sempre incollati alla pagina, di non riuscire a intendere cosa succederà in seguito. Tale aspetto era già presente nel primo volume, ma ora diventa vorticoso e ben congegnato: si arriva a tre quarti del libro e ancora ci si chiede dove la storia andrà a parare, come sia possibile che ancora non siamo riusciti a comprendere i fili portanti della vicenda.

Davvero significativa e convincente, quindi, la prova di un’autrice che conosce a fondo le tecniche narrative, che racconta con sincerità ed equilibrio, che vuole comunicarci emozioni e anche riuscire a metterci in contatto con i sentimenti più profondi, e talvolta difficili da accettare, della sua protagonista. Non so se Baraldi porterà avanti questo percorso di scrittura, certo è che mi ha convinto la rinnovata maturità che ho ritrovato nel testo.Continua, quindi, la volontà di creare una letteratura per ragazzi e ragazze di qualità, che non faccia semplice uso di una facile magia o di vampiri, ma provi a rinnovare il genere senza naturalmente destabilizzarne le fondamenta.

Il cambio, in positivo, di marcia, si avverte anche in un modo nuovo di riutilizzare il patrimonio mitologico e delle leggende, a cui evidentemente il genere fa capo. Se nel primo volume l’aspetto dominante era, per forze di cose, la stregoneria, anche nei suoi rapporti con l’Inquisizione, ne La voce dell’ombra incontriamo nuove creature (per esempio, le fate) ed entriamo in contatto conun ampio patrimonio, che l’autrice utilizza e reinventa in modo disinibito ma competente; niente pasticci mitologici, insomma, ma revisione della nostra storia dell’immaginazione, anche con incursioni in altre creature.

Permane, ed arriviamo all’uso dell’articolo davanti al cognome, la spiccata nota femminile della voce narrante, che non ha paura di farsi sentire come donna e di rassegnarsi a un genere neutro o maschile, ma invece affonda con decisione sia nello sguardo femminile, che coglie particolari più cari a questa sensibilità, sia nel mondo dell’interiorità, analizzata con determinazione ma anche con le insicurezze e i vicoli ciechi propri dell’età tardo adolescenziale.

Nel complesso Striges – La voce dell’ombra si presenta come una promessa di un terzo volume in cui forse la grande battaglia che sta alle spalle di Zoe verrà affrontata con decisione, mettendo la nostra protagonista di fronte al suo destino: un destino che è più grande di lei, che lei probabilmente non accetta, come del resto avviene per tutti i nostri ragazzi e le nostre ragazze.

Stefano Verziaggi

Articolo pubblicato sul portale Sul Romanzo

Striges: la recensione su Starlight world

Prima presentazione ufficiale StrigesOggi vi propongo la recensione di Striges uscita sul blog Starlight world e firmata Starlight, blogger, lettrice e persona speciale per me. Infatti, ha fatto centinaia di chilometri per incontrarmi alla prima presentazione ufficiale di Striges, piena di entusiasmo e con un sorriso contagioso. Penso che questa recensione sia stata scritta con il cuore e la condivido con voi.

È da tanto che desidero parlare di questo libro, perché credo che incarni tutto quello che dovrebbe esserci in un dark fantasy che si rispetti.
Magia, introspezione, sentimenti e un amore impossibile.
Questo libro è scritto da un’autrice che rispetto con tutto il cuore e che ho l’onore di conoscere di persona: Barbara Baraldi.
Una donna che, quando la incontri, emana un’aura di assoluta dolcezza ma allo stesso tempo così misteriosa e dark che non puoi restarne rapito. E così sono i suoi libri: così magnetici e pieni di tante emozioni così contrastanti che non riesci a smettere di leggere.
Striges è, a mio parere, la prova di questo talento.
Una ragazza, Zoe, con una ferita nel cuore talmente profonda che difficilmente si può guarire, al compimento dei diciassette anni scopre di essere una strega.
Proprio così: una strega.
Ma non quelle con il capello, la verruca sul viso e la scopa magica, nono.
Una ragazza normalissima, molto bella ma dall’aspetto comune che scopre di possedere un potere immenso. Scopre inoltre che deve imparare presto a gestirlo perché una forza oscura incombe su di lei e tra questi vi è anche un giovane di nome Sebastian.
Immagine di Ilenia Persefone RestaniMa come può qualcuno che a malapena conosce suscitarle un battito irrefrenabile nel cuore?
E com’è possibile che l’unica persona che le abbia fatto battere il cuore possa ucciderla?
Bhe, non voglio fare troppe anticipazioni altrimenti nessuno lo leggerebbe. Ora voglio dare la mia personale opinione.

Ho comprato questo libro e l’ho finito in cinque sere precise. 465 pagine letteralmente divorate.
Non solo grazie allo stile scorrevole e mai pesante di Barbara, ma perché ogni capitolo era un’esperienza da cui non riuscivi a staccarti.
Ne finivo uno e subito volevo iniziare l’altro, anche se ciò magari mi teneva sveglia fino alle due di notte. Ma andavo a dormire ogni notte col cuore colmo di emozioni ed era un esperienza meravigliosa.
L’ambientazione milanese che l’autrice ha saputo dare mi ha fatto amare ancora di più il libro.
Milano, che viene sempre rappresentata come una città fin troppo inquinata e caotica per viverci (ed io lo so perché ci ho abitato per ben 10 anni.) in questo libro affascina, come un’antica città gotica e misteriosa e trovo che tutto questo si immedesimi perfettamente con il libro.
Insomma, per chi non conosce Milano o la conosce, questo libro gliela farà amare.

Libreria Mondadori Victoria Modena

Ora parliamo dei personaggi: ognuno stupendo e perfettamente curati nei dettagli.
Zoe: anima introversa e sola, graffiante come un gatto e lacerata dal dolore di una grave perdita e che trova nel pianoforte la sua pace, se così si può

dire. Scopre di possedere una qualità che all’inizio rifiuta, come l’amore. Ma è proprio attraverso queste cose che lei ha sempre rifiutato che finalmente trova uno scopo. Sebastian: misterioso, affascinante, seducente e fiero. Un personaggio tutto da amare, darebbe la vita per amore e per esso è disposto a ribellarsi alla sua stessa natura di Inquisitore. Ebbene sì, è un Inquisitore e non potrebbe amare una Strega. Ma tutto ciò in cui ha sempre creduto crolla davanti a Zoe e la sua anima è legata indissolubilmente a quella della giovane. Questi due personaggi li ho amati moltissimo, mi hanno suscitato tantissime emozioni: dal sorriso alle lacrime, dalla felicità all’angoscia, dal coraggio alla forza. Sono due Romeo e Giulietta molto moderni, ma se gli amanti antichi hanno trovato la loro unione, Zoe e Sebastian trovano nella Vita la forza di vivere il loro amore.
Ma questo libro raccoglie tanti altri personaggi.
Come Sam: mentore, amica, confidente.
Chloe: sorella, migliore amica, unico spiraglio di luce in una vita di solitudine.
Angelica: rivale, manipolatrice ma allo stesso tempo fragile ed insicura.
Mischa: custode e più di un amico, un componente essenziale nella vita di Zoe e un personaggio tutto da scoprire. Ogni personaggio ha la sua personale storia e questo è molto bello. Dare spazio a tutti i personaggi è estremamente complesso ma Barbara ci riesce in maniera divina, non cadendo mai nella noia e regalandoci continue emozioni.

Foto di Roberta RafanelliQuesto libro parla anche di famiglia…
La situazione di Zoe è molto complicata: la madre è morta a causa di uno strano incidente ed il padre, guardia notturna, reagisce al dolore cercando di cancellare dalla casa tutte le prove della sua esistenza e questo Zoe non lo accetta. Sua madre era il suo mondo e quando è morta nel suo cuore si è creata una crepa difficilmente guaribile, ma non vuole dimenticare sua madre. Lei era tutto e farà sempre parte di lei. Ed è proprio la madre ad aver lasciato a Zoe il dono più prezioso che non solo le cambierà la vita ma cambierà anche se stessa.

In questo libro vi è una forte crescita morale dei due personaggi, specialmente Zoe. All’inizio del libro è una sedicenne introversa e schiva a causa dei suoi occhi gialli che ricordano quelli di una civetta. Ma a differenza di volare via lei graffia come una gatta seducente. Ma col passare del libro, la scoperta della sua vera identità e l’amore per Sebastian hanno il potere di cambiare profondamente l’animo tormentato della giovane, rendendola capace di lottare per ciò a cui tiene e per il suo amore rinnegato da tutti. Insomma, questo libro è qualcosa che si deve leggere almeno una volta nella vita.
Ti rapisce, di catapulta in un mondo così maledettamente dark-fantasy ma anche così reale allo stesso tempo. Il mio consiglio è di leggerlo se amate Streghe, Inquisitori, intrigo e amori impossibili.
State certi che il romanzo di questa meravigliosa autrice non vi deluderà.

Le foto dalla prima presentazione ufficiale di Striges al Cinema Victoria di Modena sono di Giuseppe Reggiani. L’illustrazione con Zoe, Sebastian e Nosferatu è di Ilenia Persefone Restani, mentre l’ultima foto è della mia splendida lettrice Roberta Rafanelli.

Striges: la recensione di Sull’orlo della notte firmata Bianca Leoni Capello

Cosa succede quando un’autrice fantasy fa la recensione a un’altra autrice fantasy? Niente fuochi o fulmini o saette, ma una bellissima recensione che l’autrice di DarK Heaven, Bianca Leoni Capello, dedica al mio Striges. La recensione è uscita sul blog Sull’orlo della notte.

Foto di Lorenza Stroppa (2)Un libro italiano ti dà qualcosa in più. Ha spessore, complessità, ricerca. Ha eleganza e forma. Certo in questo genere spesso tutto questo non serve: basta il ritmo, la scorrevolezza, la semplicità. In fondo la maggior parte dei fantasy sono delle storie d’avventura o di azione, e l’azione non ha bisogno di ricami. Tuttavia trovare questi elementi in più, trovare insomma, a fianco del ritmo e della suspense un po’ di sostanza in un fantasy, dà soddisfazione nella lettura e ti lascia una sensazione di appagamento quando riponi il volume nello scaffale, accanto ai suoi fratelli americani.

Striges è proprio un bel fantasy italiano, frutto di una ricerca importante – si vede, anche se l’autrice è abile a spalmarla con leggerezza nel testo – e con la costruzione del personaggio principale – la giovane strega principiante Zoe – complessa, lenta ed elaborata. Dove la lentezza, in questo caso, non pregiudica la piacevolezza della lettura, ma è sinonimo di attenzione allo sviluppo emotivo, alla crescita, alle scoperte del personaggio che cambia e matura durante la lettura.

La dimensione magica che costruisce Barbara Baraldi è affascinante, complessa, e molto femminile (nonostante sia “aperta” anche ai maschi e si parli di famigli o stregoni). A tratti confina con quella onirica, con il mito, con il mistero, regalando suggestioni e atmosfere suggestive (molto bello ad esempio è l’uso della musica come mezzo per ricordare, per rivivere una vita passata, o per calarsi nel proprio mondo magico).

Striges è un romanzo romanticissimo, dove l’amore – contrastato e nato sulle spine, come si confà a un paranormal romance, tra un inquisitore e una strega – fa da collante a tutta la storia.

L’ambientazione, una Milano viva e pulsante, con le guglie del Duomo protagoniste di uno spettacolare duello con le forze del male, è del tutto verosimile ed efficace.
Ho solo due appunti da fare, del tutto personali: mi sarebbe piaciuto un protagonista maschile più ruvido, più deciso, più presente nel testo – anche se alla fine il libro narra la storia di Zoe, ed è incentrato su cosa fa e prova lei, non lui; e avrei desiderato sapere qualcosa di più di Angelica – la presunta “rivale” a scuola di Zoe – e del suo ruolo nella storia.
Viva il fantasy italiano e complimenti a Barbara, la cui penna, raffinata, intensa ed evocativa, traporta il lettore in un altro mondo, dove il confine tra il bene e il male non è sempre così nitido…

Striges: la recensione di Glauco Sivestri.

Oggi vi propongo una recensione di Striges pubblicata sul blog di Glauco Silvestri. Ma le sorprese non sono finite perché Glauco ha preso in mano i pennelli per regalarmi un’illustrazione davvero a tema “magia e streghe”.
barbara baraldi_smlStriges è il nuovo romanzo di Barbara Baraldi, una autrice di cui sui miei blog avete sicuramente parlare spesso perché (lo ammetto), fino a oggi non mi sono perso nessuna sua pubblicazione.
In questo Striges Barbara affronta un argomento sfizioso, ovvero la stregoneria. Ambientato a Milano, il romanzo racconta la storia di una diciasettenne dalla storia triste (mamma uccisa in una rapina, rapporto con i compagni di scuola difficile, padre pressoché assente) che, al momento del suo compleanno, scopre poteri magici che le erano sempre stati tenuti nascosti. Il rapporto tra Zoe (la ragazzina) e i suoi poteri è di difficile sbroglio. Ad aiutarla è una ragazza, Sam, che gestisce un locale vicino al suo liceo, ovvero il Bloody Mary, e che lei frequenta assiduamente. Anche Sam è una strega. E’ lei che le rivela tutto quanto possa servire a Zoe per affrontare la ‘nuova’ realtà in cui è stata proiettata, ed è lei che le rivela anche i pericoli che si troverà costretta ad affrontare.
Il mondo della magia è infatti minacciato da due differenti avversari. Gli inquisitori, da sempre alla caccia delle streghe in quanto simboli malvagi, spinti dal desiderio supremo di salvare il mondo, e da quello più terreno di appropriarsi dei loro poteri. Le Arpie, ovvero delle streghe che hanno ceduto l’intera loro essenza a un uso malvagio dei poteri che possiedono, ne sono diventate schiave, perdendo così ogni rapporto con il mondo ‘normale’. Queste ultime cercano di corrompere le streghe appena ‘nate’ (i poteri si rivelano al diciassettesimo anno), e quindi ancora incapaci di gestire la magia che è in loro, e di eliminare le streghe che si oppongono a questo arruolamento forzato.
Zoe scopre inoltre che il suo destino è legato anche a quello di un inquisitore. 400 anni prima, in un’altra vita, i due erano amanti. Ovviamente la relazione era nascosta ma… il finale tragico, un incantesimo, l’amore… gli spiriti dei due amanti si sono reincarnati in Zoe e Sebastian, quest’ultimo è l’insegnante di teatro del liceo di Zoe.
Trama fitta, complicata, piena di colpi di scena, studiata per un pubblico giovane (questo libro è uno Young Adult), ma che può essere apprezzata anche dagli adulti. L’autrice è abile a mescolare la quotidianità con il mondo della magia, a rendere Milano più attraente, a creare una storia piena di richiami a vicende passate senza neanche troppo nasconderle. Ho apprezzato tantissimo la costruzione dello spettacolo teatrale su Paolo e Francesca, storia che potrebbe ridipingersi sulle figure di Zoe e Sebastian (come in effetti avviene). Ho amato la capacità, tra l’altro presente in tutti i lavori di Barbara, di amalgamare musica e narrativa. In ogni suo libro la musica detta il ritmo della narrazione, in ogni suo libro la musica è filo conduttore della narrazione. In questo libro la musica è anche un personaggio attivo della narrazione.
Barbara ha uno stile delicato, giovane, innocente. Immagino sia questo che è tanto amata dai giovani. Ma è anche graffiante quando serve. E’ potente al punto da trasformare in immagini le descrizioni. Lo scontro sulla cima del Duomo è… dipinta con le parole. E altrettanto potenti sono gli scontri con l’Arpia che la perseguita (che Zoe chiama Cappuccetto Indemoniato, forse un termine un po’ infantile, ma che collima con il personaggio della ragazza, per certi versi già autosufficiente, per altri ancora molto bambina). Il finale roccambolesco costringe a trattenere il fiato fino all’ultima riga… e guai a interrompere la lettura prima di arrivare in fondo, perché i colpi di scena sono continui, inaspettati, inimmaginabili e… agghiaccianti.
Se devo trovare un difetto… e mi devo sforzare per farlo… ahahahah… è che finisce, e io vorrei già avere tra le mani il suo seguito. Perché in Striges si legge la nascita di una strega, ma da questo libro si intuisce una infinità di potenziali prosecuzioni che, uffa, aspettare che vengano scritti è dura!
Conoscendo bene le opere di Barbara, posso affermare che Striges è probabilmente il suo miglior lavoro. E’ la giusta evoluzione di Scarlett, più maturo, più ricco di ingredienti, più intrigante. I personaggi hanno spessore da vendere. Si tratta di un lavoro davvero curato in ogni dettaglio. Davvero un bel libro, una bella storia.

 

Striges: la recensione di Sognando tra le righe.

E’ uscita di recente sul portale http://sognandotralerighe.blogspot.it/ la recensione di Striges a opera di Sangue blu. Una recensione che trovo abbia colto in pieno l’essenza del romanzo, accurata e da cui trapela un folle amore per la lettura. Ve la propongo anche qui, sul mio sito ufficiale.

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“E’ incredibile come spesso i momenti indimenticabili della vita arrivino senza la minima preparazione. Possiamo affannarci a costruire a tavolino un appuntamento perfetto, ma niente è paragonabile alla pura felicità che può scatenare una sorpresa.”

Chi non conosce Barbara Baraldi? Tutti gli amanti del gotico, dell’ urban fantasy, delle favole nere, della scrittura italiana inquietante ed evocativa hanno già avuto modo di leggerla ed apprezzarla in almeno uno dei suoi ormai numerosi scritti. In questo libro, in particolar modo, avranno l’occasione di ritrovare una Barbara ancora più “matura” e complessa che ci regala un romanzo corposo, coinvolgente e dai mille spunti. Ma se c’è ancora qualcuno che non conosce la sua abilissima e personalissima penna, beh, questa secondo me è proprio l’occasione giusta per farlo!

Striges, la promessa immortale è un favoloso biglietto da visita per entrare nelle sue atmosfere gotiche e fiabesche intrise di poesia, oscurità, magia, modernità e al contempo disincantato realismo.
Un libro dove si rincorrono luci ed ombre e che rappresenta, al di là dell’aspetto fantasy, un originale romanzo di formazione in cui la protagonista, Zoe, compie un percorso diretto all’accettazione di sè e della propria diversità, al recupero degli affetti e della memoria e al superamento di una malinconia quasi “genetica” che l’accompagna fin dalla nascita e all’elaborazione del lutto più doloroso che si possa sperimentare, ovvero la perdita di una madre.
A non sentirsi più arrabbiata col mondo.
E per fare tutto questo si avvarrà non soltanto di tutta una serie di eventi straordinari, ma soprattutto di un carosello di personaggi che le ruotano intorno e che hanno tutti un ruolo ben preciso.

Famiglia; Amicizia; Amore;
Tradimento; Solidarietà (soprattutto femminile)
Integrità; Sincerità; Fiducia (negli altri e soprattutto in sè stessi);
Fanatismo; Storia; Natura; Potere;
Riflessione sulle conseguenze che le nostre azioni possono avere sugli altri…
Questi i temi affrontati.

In un’ambientazione tutta italiana, Milano fa da gotica e febbrile cornice alle vicende di Zoe, che tra vetrine scintillanti, feste in maschera, scuola e recite teatrali, diventa anche il campo di battaglia di una lotta atavica fra Bene e Male, tra Luci ed Ombre, tra “Giusto” e “Sbagliato” dove in realtà nulla è come sembra.

Perchè “Chi” ha deciso infatti “Cosa” sia giusto o sbagliato?
Quanti errori la Storia ha compiuto in nome di un’ideale, di una fede o soltanto di un pregiudizio?
In questo romanzo sicuramente non si vogliono dare o trovare le risposte a questi enormi concetti… ma certamente è un piacevole e coinvolgete “film su carta” che ci accompagna in una nostra personale riflessione sul fatto che la Storia dovrebbe essere Maestra. E se anche il più delle volte non ci riesce, non dobbiamo perdere la speranza…
Dobbiamo credere in noi stessi;
Nell’amore per noi stessi – che poi è l’unico modo anche per poter riuscire ad amare davvero gli altri – e avere fiducia nella forza della diversità che spesso è una cosa positiva e non dovrebbe farci sentire degli alienati.

Ed ecco che la Vita diventa la vera Magia… Mettere armonia nella confusione, nei sentimenti contrastanti, nelle pulsioni contrastanti che albergano dentro ognuno di noi e sembrano inconciliabili: amore, odio, paure e desideri. Sperimentare che “ogni crisi personale, per quanto profonda, turbolenta e traumatizzante reca con sè un elemento positivo: indica la via per un possibile cambiamento interiore, alla scoperta di nuove potenzialità e nuovi valori”.

Una lettura emozionante quella che ci regala Barbara col suo Striges.

Vivida, intensa, evocativa…
Gotica e un po’ thriller, come è nel suo migliore stile, ma anche tenera ed appassionata…
Che ci “insegna” o ci “ricorda” che il Mondo è Magia ed ogni luogo conserva in sè la memoria di quello che vi è accaduto… e tutti noi, anche se alcuni più di altri, potremmo entrarvi in contatto.
Una lettura adatta a qualunque tipo di pubblico perchè sa coinvolgere e entusiasmare per molti aspetti.

Al di là della bella storia d’amore tra Zoe e Sebastian, quello che a me ha più colpito ed emozionato è stato il rapporto tra Zoe e suo padre e il loro modo di affrontare e poi superare insieme il dolore per la perdita della donna che era il loro più grande punto di riferimento e come tornano ad essere una Famiglia.
E poi è molto ben sviluppato il tema dell’Amicizia, in tante sue sfaccettature.
L’ amicizia del “cuore”, quella che ti fa sentire sorella di chi per nascita non lo è. ( Chloe )
L’amicizia di chi attraverso di essa vorrebbe arrivare a qualcosa di più. (Damiano )
L’amicizia inaspettata che scaturisce da un’iniziale antipatia o incompatibilità. ( Angelica )
L’amicizia di chi ci vuol bene e ci protegge anche da “lontano” ( Sam )
L’amicizia apparente, di chi emula o invidia ( Federica )
L’amicizia fedele e il conforto che solo un amico “a quattro zampe” sa dare… ( Nosferatu)

Vi sembrerà che io abbia scritto anche troppo… ma vi assicuro che questo libro è tutto da scoprire! Vi lascerà piacevolmente colpiti e con una voglia matta di andare avanti in questa storia in cui vince il cuore, ma che ci lascia di stucco sul finale con un colpo di scena che ci fa presagire uno sviluppo di serie entusiasmante e dalle mille sorprese!

Consigliatissimo!

 

Siamo streghe, ma nascondiamo la nostra vera natura

Tante volte mi hanno chiesto: perché scrivi? È una necessità per me, rispondevo. Se non scrivo sto male, la mia anima ne ha bisogno. Oggi voglio cambiare risposta: scrivo per lettori come Claudia. Scrivo perché le emozioni fanno nascere altre emozioni, quelle che scaturiscono dalla lettura. Siete voi, amati lettori, con le vostre mail cariche di affetto e sensazioni e poesia, la linfa che mi dà la forza. Non posso ringraziarvi pubblicamente uno a uno, lo faccio sempre in privato, ma posso regalarvi le parole di Claudia, come lei generosamente ha fatto con me. Claudia che si fa portavoce di tutte le streghe, uomini e donne, giovani e meno giovani, che ancora sanno emozionarsi attraverso le pagine scritte. Quel romanticismo legato alla parola che mi ha sempre fatto trovare rifugio nei libri. Questo post è un grazie, che viene dal profondo del mio cuore.

Lilith«Lo faccio un’altra volta: scriverti sull’onda dello scompiglio dopo aver appena finito un tuo romanzo.
Ho aspettato un mese perché Striges arrivasse tra le mie mani.
L’attesa però è stata ripagata pienamente e ho ancora negli occhi, sulla pelle, nello stomaco e tra le lacrime questa storia. Così ora sarò in attesa di Scarlett e Zoe, una doppia attesa.
Sono ancora intontita devo ammetterlo, ma lucida per poterti dire ancora una volta: Grazie.
Per un’ altra protagonista pronta a crescere nonostante la sofferenza, forte perché forgiata al fuoco della perdita.
Una perdita o ti distrugge senza farti più rialzare o ti fortifica e ti fa andare avanti.
Zoe è meravigliosa, alla ricerca di se stessa ed è un po’ come tutte le donne credo debbano essere: speciale.
Perché credo fortemente che in ogni donna convergano tutte le forze della natura, tutti gli elementi. Il nostro corpo è fatto per questo. Siamo un po’ tutte streghe e dovremmo scoprirlo e accettarlo così come Zoe sta cercando di fare.
Siamo streghe in maniera diversa, ma nascondiamo come Zoe la nostra vera natura.
È questo quello che vedo nella tua storia: la consapevolezza di sé che trova spazio nel dolore, nella normalità, nella propria anima.
Quindi non è solo un romanzo fantasy ma è anche un romanzo di formazione, di crescita interiore per Zoe e forse anche per ogni lettore, o almeno per me è così.
E poi questo amore impossibile e pericoloso: Sebastian ha il profumo della redenzione e della dolcezza. Per questo amore lui ha lottato e ha dimostrato che non ci sono buoni o cattivi, perché in ogni uomo alberga l’ombra e la luce e sta ad ognuno di loro scegliere da che parte stare. E Sebastian lotta per Zoe, per quell’amore che ha dato loro un’altra possibilità da cui non possono più scappare.
Milano, città che non mi piace molto, l’hai resa spettrale e delicata insieme: un luogo di luce ed ombra allo stesso momento.
Tutto in questa storia mi ha scavato la pelle e il cuore. Un’altra tacca per te sul mio cuore che ancora batte velocemente.»

Claudia

Si perde davvero chi si ama solo quando non lo si ricorda più: Un sogno lungo un’estate sulla rivista Andersen

Ricordi che riaffiorano. Si dice che i ricordi peggiori vengano in qualche modo cancellati dalla nostra memoria, rimossi, a preservare un giusto equilibrio e una costante serenità mentale. Senza addentrarsi in considerazioni psicanalitiche, questo è quello che accade a Matilde, una ragazza di tredici anni alle prese con una vita apparentemente normale, tra contrasti con i genitori, vacanze indesiderate e un certo scetticismo nei confronti degli adulti che la accumuna a tanti adolescenti. Il “risveglio” di Matilde, o meglio, della sua memoria, avviene durante un’estate iniziata col piede sbagliato. A causa dei problemi di lavoro del padre, infatti, la ragazza è costretta a passare i mesi precedenti l’inizio del liceo presso la casa di una lontana zia, infelicemente ubicata in un desolato paesino di campagna.

Nonostante la situazione sulle prime non appaia molto promettente, Matilde cercherà di adattarsi, tanto che la vacanza si rivelerà una grande occasione per conoscere qualcosa di più sul proprio passato, sui propri genitori, e soprattutto su di sé.

Un romanzo di formazione che si articola su più livelli: il libro è, in parte, una storia familiare, misteriosa e drammatica, in parte il racconto di un’avventura, alla ricerca di un antico tesoro e, infine, una storia di amicizia e di confronto tra persone diverse ma, allo stesso tempo, affini.

Barbara Baraldi riesce, con abilità, a caratterizzare in maniera realistica ed efficace, i personaggi del suo romanzo, analizzando da una prospettiva particolare il rapporto genitori-figli. Personaggi articolati e complessi, i genitori della protagonista hanno personalità che a Matilde riesce difficile comprendere: il padre, nostalgico e deluso da un lavoro e da un matrimonio che iniziano a scricchiolare, non capisce fino in fondo le necessità della figlia; la madre, una figura algida e priva di forza di volontà, non riesce a comunicare con lei, chiudendosi a riccio ogniqualvolta Matilde provi ad avvicinarla.

Essi, inoltre, non si scontrano direttamente con la giovane protagonista, ma la tengono a distanza. Per proteggerla, scopriremo, ma impedendole di essere parte attiva all’interno della famiglia, isolandola e nascondendole una verità dolorosa, ma che dovrebbe necessariamente conoscere. Dietro questo atteggiamento si cela un dolore forte, una sofferenza estrema che spiega almeno parzialmente il comportamento dei due adulti nei confronti della figlia. E che motiva, anche, la condotta severa e distaccata della zia Isabella, così allegra nelle vecchie foto, e ora incapace di un sorriso.

Solo quando il passato verrà dissepolto, sarà possibile per i componenti della famiglia confrontarsi gli uni con gli altri; sarà questo il momento in cui Matilde si renderà conto di essere diventata grande e in cui i suoi genitori capiranno di dover cambiare atteggiamento se vogliono far funzionare l’intricato ingranaggio alla base dei loro rapporti. Un’acuta riflessione sul tema della memoria, perduta, recuperata e resa immortale dalle nostre azioni.

Martina Russo

Articolo pubblicato nella rivista Andersen – aprile 2012

Un sogno lungo un’estate su La Repubblica

Matilde ha quasi quattordici anni, un amoretto forse appena nato e vorrebbe passare l’estate con la migliore amica, Veronica, in Sardegna. Una vacanza tutta chiacchiere e pettegolezzi, con il sole addosso e gli auricolari alle orecchie. Le tocca invece stare “in prigione” coi genitori a tre ore dalla città, nella vecchia casa della zia Isabella, che poi non è proprio zia. È, come si dice, prozia? Seconda zia? Insomma, è la sorella del padre del babbo.

Arrivati. Una costruzione in campagna, niente di che. Aspetto dimesso, screpolata, l’edera a coprire gran parte della facciata. Galline, gatti, lucertole, oche. Oche? Sì, una squadra intera, altissime, grosse e arrabbiate. Fanno la guardia, come quelle del Campidoglio. E che uova, enormi.

Barbara Baraldi è autrice di romanzi noir, di testi di narrativa per adolescenti e sceneggiature per fumetti. È sempre una grandissima emozione per lei annunciare l’uscita di un nuovo libro, il 13 marzo, tra i titoli Einaudi ragazzi, nella collana Carta bianca. “Un sogno lungo un’estate” (216 pp. 10 euro) è un romanzo di formazione, spiega. Racconta di una ragazzina che viene sradicata dalla sua città e portata a trascorrere le vacanze in campagna. Un’abitazione inospitale, che sembra esercitare una cattiva influenza su chi la abita. Sarà per questo che la padrona è acida come uno yogurt? Però che buono lo zabaione di uova d’oca che le ha fatto bere, battuto con lo zucchero e qualcosa versato da una bottiglia scura.

Superata l’iniziale diffidenza, fa amicizia con tre fratelli del posto: Rachele, che parla a macchinetta, Rudy il piccolo guastafeste e Riccardo, sedicenne, appassionato di motocross. Si avventurano a caccia di un tesoro, lo stesso che avevano cercato i genitori da ragazzi. La mappa dipinta sulla facciata di un mulino da un pilota caduto nella zona nella seconda guerra mondiale e rimasto in isolamento proprio nell’antico edificio.

Le vicissitudini di Matilde si intrecciano con le avventure di Lucilla, la protagonista della fiaba che assorbe tutta l’attenzione della madre scrittrice, “chiusa in uno studio che somiglia a una torre in cui è prigioniera, costruita con i mattoni dei suoi silenzi”.

La ricerca di qualcosa sepolto, la scoperta di ricordi perduti e di colpe mai dimenticate. Matilde diventa la protagonista di una favola moderna in cui non sono i mostri a rubare le vite, ma il silenzio. “Scoprirà che il coraggio si conquista con le scelte giuste, giorno per giorno. E troverà una nuova consapevolezza, quella della memoria. Che è sempre stata lì, davanti agli occhi. Come una fotografia sbiadita, come una lettera mai spedita”.

Felice Laudadio jr.

Articolo pubblicato su La Repubblica Bari

Bloodymilla: la recensione di In genere cinema

La recensione di Bloodymilla apparsa sul sito In genere cinema:

Barbara Baraldi, apprezzata scrittrice di Genere, autrice di romanzi come La bambola con gli occhi di cristallo e Scarlett – Il bacio del demone, proclamata dalla critica come “la regina del gotico italiano”, si lancia, grazie a DelosBooks, nella sua prima avventura nel mondo delle nuvole parlanti.

Proprio per la Delos, all’interno della collana “Neverland”, curata da Stefano Fantelli e Gianfranco Staltari, la Baraldi firma la sceneggiatura della sua prima graphic novel, ovviamente senza abbandonare il mondo immaginifico-letterario a lei più consono.

Bloodymilla [2011] è una storia di vampiri, che va un po’ a scavare nella bara del non-morto fenomeno delle vampire a fumetti degli anni ’70; un omaggio dell’autrice e ad un modo ormai dimenticato di unire horror, eros, storie e disegni, che nella sua personale lettura si colora di molti nuovi spunti, a partire da un’ambientazione storica strettamente contestualizzata [perfettamente fotografata dall’incipit “Il secolo dei lumi ha lasciato il passo a quello degli incubi”], per finire con l’allargarsi del mondo vampirico a tutta una serie di altre creature a queste affini [demoni e mutaforma].

Un’avventura tutta al femminile quella di Bloodymilla, dove alla protagonista e all’autrice, si aggiungono anche la disegnatrice e colorista Roberta Ingranata e l’addetta alle chine Elena Cesana.

La baronessa Camilla di Calcara è una donna bellissima, trasformata in Continue reading

Scarlett su Booksblog

Su booksblog è apparso un articolo sul fantasy al femminile di Mondadori: Gens Arcana, di Cecilia Randall – Scarlett, di Barbara Baraldi – Reckless, di Cornelia Funke.

Un estratto:

Scarlett è una ragazza di 16 anni che, dalla natia Cremona, si è dovuta trasferire a Siena con la famiglia. Dopo una prima parte di “vita adolescenziale”, in cui veniamo a conoscenza del suo carattere, dei suoi problemi, delle sue difficoltà, delle dinamiche familiari, delle sue nuove amicizie, dei nuovi ragazzi, e via dicendo (parte che serve al processo di identificazione lettore adolescente/protagonista e che è tipico della letteratura per ragazzi e YA), il romanzo entra nel vivo della storia.

Conosciamo, infatti, Mikeal, questo ragazzo dagli occhi chiarissimi, carismatico e bellissimo, che suona il basso nel gruppo dei Dead Stones. Scarlett rimane ipnotizzata e tra i due scatta qualcosa. Lentamente, mentre accadono fatti terribili, questa romantica e cupa storia d’amore nasce e si evolve, rivelandoci, a un certo punto, la vera, oscura, duplice natura di Mikeal e il suo triste destino di solitudine.

Il libro, che è scritto molto bene, ma anche in modo semplice, adatto a un pubblico giovane (forse un pochino “rapido”, in alcuni momenti), s’inquadra nel “filone” di cui fanno parte romanzi come Fallen, di Lauren Kate e Il bacio dell’angelo caduto, di Becca Fitzpatrick e, per alcuni aspetti (non vampirici), anche Twilight, di Stephenie Meyer. Scarlett, miscelando sentimenti, suspense, mistero e un tocco di horror, è assolutamente adatto a lettrici giovani e romantiche. Restiamo in attesa del seguito…

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Scarlett: la recensione di Mangialibri

Scarlett su MangialibriScarlett
Barbara Baraldi
Romanzo Horror
Mondadori 2010

Articolo di: Francesca Zeroli

“Certo potrei dire la verità. Che un mostro senza volto, con due cavità al posto degli occhi, ha tentato di uccidermi. E che il bassista della band più popolare del liceo si è trasformato in una creatura dalle ali di pipistrello per salvarmi”.

16 anni, un animo gentile e una grande passione per la lettura, Scarlett vive a Cremona con la sua famiglia, tanti amici e una storia d’amore in procinto di sbocciare, quando è costretta a trasferirsi all’improvviso a Siena e a rimettersi in gioco in una nuova scuola, con nuovi compagni. L’inizio è difficile, ma Continue reading