La casa di Amelia e La collezionista: recensione di Stradanove

Ho recentemente  incontrato in rete queste due recensioni de “La collezionista di sogni infranti” e “La casa di Amelia” dal sito Stradanove.net
07.07.2009
Giovanni Scalambra

LA COLLEZIONISTA DI SOGNI INFRANTI, BARBARA BARALDI

Realtà e finzione

La copertina

Amelia e Marina sono amiche. Virtuali. Due anime sole che diventano vere solo attraverso tastiera e monitor.
In chat si scoprono simili, fragili, schiacciate da verità che condizionano il loro proporsi al mondo.
Un giorno decidono di oltrepassare i confini intangibili della rete: Amelia lascia il suo tranquillo paesino della bassa emiliana per raggiungere Marina, che l’aspetta in una casa enorme persa tra le campagne ferraresi.
Il destino, solo in apparenza malevolo, sembra voler impedire quest’incrocio di solitudini, ma dopo un viaggio contornato di dubbi, paure e imprevisti batticuori, le due “amiche” riescono ad incontrarsi. E il gioco di bugie si rompe, rivelando una realtà fatta di invidie, ossessioni e follia.
Ma forse la verità che sembra stare dietro l’apparenza ha risvolti altrettanto ingannevoli… Continue reading

La casa di Amelia – Recensione di Mondo rosa shokking

La casa di Amelia è una favola, ma una favola dell’orrore.

Potrebbe essere paragonato per lunghezza e stile a “Il piccolo principe” di Antoine de Saint-Exupéry: poco più di cento pagine, frasi brevi, capitoli corti. Peccato – e per la fortuna degli appassionati del genere horror-noir – nell’ultimo libro di Barbara Baraldi non esistono personaggi commoventi, insegnamenti e morali edificanti, anzi…

Il filo conduttore di questa storia, che si legge tutta d’un fiato col cuore in gola, è la paura, l’angoscia, il terrore verso qualcosa o qualcuno che si pensava ormai relegato ad un tragico passato di sangue, e che invece sembra esser tornato per perseguitare Amelia, la protagonista. Senso di colpa, incubi, e allucinazioni si mescolano in un gioco diabolico che fanno ripiombare la mente già confusa della ragazza, in una spaventosa realtà: sarà tutto frutto della sua distorta immaginazione, oppure chi doveva essere morto, chi lei è convinta di aver ucciso con le proprie mani – e di cui ha anche conservato macabri souvenir – sta tramando per punirla e trascinarla con sé negli inferi?

Le tinte gotiche del romanzo, l’ambientazione, che si divide perlopiù tra due tetre case (quella lasciatale dalla nonna alla sua morte, e quella del mistero da cui tutto l’orrore è iniziato), e l’immagine ambivalente che viene data di Amelia – vittima o assassina? indifesa o coraggiosa e determinata? lucida o pazza? – sono solo alcune delle peculiarità che contribuiscono a creare e ad accrescere progressivamente la tensione nel racconto.

Poi, grazie ad una narrazione fluida e incalzante, questo viaggio nell’inquietante memoria della protagonista si snoda tra le cupe riflessioni della giovane e l’avventura che decide di intraprendere per esorcizzare i fantasmi del passato.

Il finale arriva tanto inatteso quanto sanguinoso, e ancora una volta, come nel precedente libro “La collezionista di sogni infranti” – legato e allo stesso tempo distinto da “La casa di Amelia” – rimane una senso di sospensione, di conclusione nuovamente mancata…

Carlotta Pistone

La casa di Amelia – Recensione di Thrillermagazine

Dove nasce la paura? Dentro di noi, nel groviglio di sensi di colpa, incomprensioni, contraddizioni e segreti che ci portiamo senza comprenderne bene gli influssi sin dall’infanzia oppure è qualcosa di reale, di oggettivo, una presenza malvagia che gioca con le suggestioni ma che finisce per agire concretamente?

La Casa di Amelia non è un episodio di una serie anche se ritroviamo personaggi e situazioni del precedente fortunato romanzo di Barbara Baraldi, La collezionista di sogni infranti. È un’evoluzione di una vicenda umana ma anche il segno tangibile che Barbara diventa sempre più padrona del linguaggio e del meccanismo narrativo. È un’indagine sulla paura interiore e quella su come (come in ogni buon thriller) nasceva una mente “cattiva”, malata.

Un libro da leggere più volte. La prima d’impatto per seguire una storia che questa volta non si limita a suggerite (e giustamente non sbandierate) citazioni cinematografiche ma riprende musiche, atmosfere degli anni 70/80 costruendo un solido terreno per un incubo che si dipana pagina per pagina come uno di quei film di cui il cinema italiano avrebbe davvero bisogno. Poi vi invito a leggerlo pagina per pagina come… un saggio, sulla paura la sua genesi, le risposte a volte contraddittorie e feroci che genera. Barbara riesce ad abbinare uno studio lucido dei meccanismi e delle situazioni della paura reso perfettamente anche nel book-trailer (youtube.com) che di per sé è un piccolo capolavoro di creatività.

Amelia vive tra due universi. Uno delimitato da antiche paure, ricordi dell’infanzia ma sviluppatasi completamente nella maturità, un mondo di mamme che si preoccupano, di cuginette amiche e complici, di speranze, di gatti simbolo. La sua stanza che la rinchiude in una prigione e al tempo stesso le è indispensabile. Poi c’è il mondo moderno virtuale, legato ai mezzi di comunicazione dell’elettronica. Dopo le drammatiche vicende di La collezionista di sogni infranti Amelia ha spento tutto, cercando di cancellare quella parte della sua esistenza come se, non vedendola, potesse annientarla. Ma è l’illusione della bimba che nasconde la testa sotto la coperta sperando che l’Uomo nero sparisca. Se c’è rimane al suo posto, minaccioso. E così anche i suoi amici virtuali? Cosa avranno pensato della sua improvvisa scomparsa.

Dai propri errori si dovrebbe imparare… allora perché Amelia ritorna nella casa degli orrori di Marina e Alex dalla quale è uscita viva ma segnata? Perché c’è in lei (e il lettore ne è complice) una fascinazione verso la parte oscura che non vuole lasciarla andare. Dopo un inizio claustrofobico, dove paura e ossessione si mescolano, Amelia non può più rimandare. Torna a ripercorrere quella strada nei  campi agresti, sotto gli archi, incontrando personaggi all’apparenza buffi ma così sottilmente inquietanti da lasciarci intendere che il peggio deve ancora arrivare. E, puntualmente, arriva. Prima con l’assenza di segni di pericolo, come se non fosse successo nulla, poi con una rivelazione costruita con l’abile consapevolezza delle regole del genere. Un piccolo capolavoro di terrore umano che ci lascia con un punto di  domanda. Sarà davvero finita? No di certo perché di fiabe oscure Barbara ne ha ancora molte da raccontare e presto lo farà.

Un’ultima nota. Malgrado la tensione, il gioco del terrore Barbara non nasconde se stessa dietro una vicenda truce. Leggete bene tra le righe. Alcuni passaggi, frasi, allusioni ci rivelano un’autrice dotata di grandissima sensibilità per la vita e per le ‘rare’ cose belle che ci riserva. A volte con rimpianto a volte con una passione che colpisce. Inserire questa vena dolcissima non era facile in un contesto di genere (detto nella migliore accezione del termine) e Barbara ci è riuscita.

La casa di Amelia – Recensione dell’Angolo nero

Benvenuti in mia casa. E bentornati negli incubi di Barbara Baraldi. Dopo La collezionista di sogni infranti, che aveva riscosso ben meritato successo, molti si erano chiesti quale sarebbe stata la sorte della protagonista, Amelia. L’avevamo lasciata alla fine del precedente libro in viaggio verso casa con uno scrigno di feticci – quelli di cui è collezionista, appunto – e molti dilemmi irrisolti. La ritroviamo a casa della nonna, sommersa da incubi e paure che Amelia tenta di esorcizzare con la solitudine e con rituali privatissimi. Ma qualcosa è rimasto in sospeso e i conti col passato sono tutt’altro che chiusi. Amelia deve intraprendere un nuovo viaggio verso una destinazione già nota, necessario ma forse nn sufficiente per una catarsi purificatrice.

Ha la struttura di una favola, La casa di Amelia, ma a differenza che nel precedente i risvolti sono molto più neri. La principessa triste deve lottare contro forze avverse e a nulla può l’Amore, che nelle favole è forza motrice e risolutiva. Il Male pretende il suo sacrificio…
Scrittura scorrevole e incalzante, ansiogena. Da sottolineare il taglio cinematografico di molte scene che, come in altri lavori di Baraldi, sono debitrici del cinema degli anni ’70. Un’ottima prova d’autore per la regina dell’incubo nostrana.

Il romanzo è uscito, contro ogni superstizione (o forse proprio a causa di?), oggi, venerdì 13 febbraio…

La collezionista di sogni infranti – Recensione di Europolar

Impreziosita da una bella copertina di Onofrio Catacchio che riassume in un solo disegno l’intera idea del romanzo, arriva nella collana di romanzi brevi diretta da Luigi Bernardi la conferma che la vincitrice del premio Gran Giallo  Città di Cattolica 2007 è avviata con sicurezza sul sentiero battuto dai narratori che lasciano il segno.

Parlo di Barbara Baraldi usando il termine narratrice perché l’ispirazione del suo lavoro è quella di raccontare storie. Fiabe nere, in questo caso, ma anche sogni inquietanti che contengono screziature di una passione, di esperienze vissute ed elaborate mescolate ad altre suggestioni che vengono dalla fantasia, dall’immaginario.

Barbara è un’attenta osservatrice della realtà umana e fantastica che la circonda. Elabora emozioni sue o forse semplicemente osservate in altri e le riproduce in una storia complessa dove i meccanismi del thriller italiano degli anni 70 non sono di maniera ma utensili impiegati con abilità perché amati. Continue reading

La bambola di cristallo – Recensione di Horrormagazine

“Eccola, è così. La bambola si è animata, si muove, lo guarda e ride mostrando i piccoli denti lucenti. Si avvicina vestita soltanto di una sottoveste in pizzo nero che gioca con la luce arancione mostrando e nascondendo le gambe nude che si muovono sotto il tessuto. Ha qualcosa di lucente in mano. Una mezza luna tagliente come una nota stonata…”.

C’è violenza e poesia nei gesti della bambola di cristallo. Rabbia e rivincita. Seduzione e disperazione, in una Bologna gotica che dona nuova linfa alla nostra narrativa di genere.

E’ la storia di tante donne e di tutte le donne, quella della bambola. C’è Viola, fragile e trascurata, che vaga per la casa con indosso il maglione del suo uomo, per sentirne l’odore. Si mangia le unghie e “piange. Piange spesso, forse tutti i giorni, almeno per un minuto”. Poi c’è Eva, che sogna di diventare una nota pubblicitaria, va in palestra per farsi in muscoli dopo il Fatto, e “dice a se stessa che domani sarà differente”. C’è anche Giulia, ricca e viziata, quella che a nove anni portava nella borsetta i soldi del monopoli e ora passa da un ragazzo a un altro per noia. Per lei non è importante l’oggetto in sé, “bensì la strada, lo stratagemma per ottenerlo”. E come dimenticare la gatta Miew? Miew che guarda fuori dalla finestra. Miew fedele e dispettosa che “forse vorrebbe trasformarsi nel cavallo alato, il cavallo alato dei biscotti col buco”. Ma soprattutto c’è Lei, la bambola: “è come un ragno, tesse la sua ragnatela, prepara ogni cosa con cura, poi si fa seguire. Sa come farsi seguire da un uomo e li fa cadere in trappola. Non attacca, la sua è una difesa. Premeditata”.

Non c’è modo di riporre il libro senza chiedersi dove andrà a parare l’ultima pagina letta. I capitoli snelli, legati di volta in volta al punto di vista di una delle numerose maschere (niente e nessuno è ciò che sembra, e le caratterizzazioni ricche di chiaro scuro rendono affascinante ogni personaggio della vicenda) s’intrecciano in modo da risultare la somma di varie storie parallele.
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La bambola di cristallo – Recensione di Dario Geraci

Commentare un’opera di Genio è arduo, soprattutto quando si conosce,non solo l’identità del Genio in sé, ma anche e soprattutto il suo retroterra culturale.

Stiamo parlando de “La Bambola di cristallo” ultima esperienza visionaria di Barbara “Luna” Baraldi, già autrice del fortunato “La collezionista di sogni infranti” (Perdisa) e di diversi altri racconti sparsi nella foresta nera delle antologie letterarie.

Diceva, Giorgio Scerbanenco, uno dei più grandi scrittori italiani di sempre:

“La vita è come un pozzo delle meraviglie, ci puoi trovare di tutto: stracci, brillanti e coltellate alla gola”, tutti elementi che l’Autrice ha saputo sapientemente calibrare come il più raffinato degli allibratori, in una miscellanea elegante e morbosa al punto giusto.

Riscontriamo in Barbara Baraldi, un citazionismo che va ben oltre il mero saccheggiamento visivo ai film italiani degli anni ‘70; dovremmo parlare piuttosto, di un certo gusto “conservativo” e “restauratore” per quello che forse era il canone fondamentale che fece la fortuna di quelle pellicole: “L’estetizzazione della morte” e “La sensualità dell’omicidio”. Continue reading

La collezionista di sogni infranti – Recensione di Carlo Oliva

Questa la recensione di Carlo Oliva de “La collezionista di sogni infranti” nella sua trasmissione su Radio Popolare il 21 gennaio 2008

Barbara Baraldi, La collezionista di cuori infranti, “Babelesuite” – Perdisa, pp. 116, € 9,00

Le informazioni che si possono ricavare su questa Barbara Baraldi dalla quarta di co­pertina del suo secondo romanzo non sembrano particolarmente tranquillizzanti: si legge che è anche fotografa, che è cresciuta nell’ambiente metropolitano e notturno dell’Emilia Paranoica che descrive, che è appassionata di cinema di genere, collezio­na bambole esotiche, ha lavorato come modella, ha vinto il premio “Mario Casacci”, che non so cosa sia, nonché il “Gran giallo città di Cattolica”, suppongo per un rac­conto, e che, con lo pseudonimo di Luna Lanzoni ha pubblicato il romanzo La ragaz­za dalle ali di serpente presso una non meglio nota casa editrice Zoe, ricavandone grande successo negli ambienti alternativi.  Uhm…  Più interessante, dal nostro pun­to di vista, è forse il fatto che la collana in cui compare La collezionista di cuori infran­ti sia diretta da Luigi Bernardi.

Bernardi è sempre stato uno straordinario talent scout, sin da quando, ai tempi della Granata Press, ha pubblicato per la prima volta Fois, Lucarelli, Cacucci, Ferrandino e tanti altri, inventando praticamente il noir italia­no contemporaneo (oltre a importare qui da noi autori del livello di Paco Taibo II, Di­dier Daeninkx e Andreu Martin) e questa nuova collana, una elegantissima serie ta­scabile di testi brevi, ha un evidente carattere, al tempo stesso, di ricerca e di proget­tualità.  Il lettore esperto, insomma, capisce subito che lo attende una lettura non fa­cile, ma che ne varrà la pena.

E infatti. La Baraldi ci racconta, in un suo linguaggio personalissimo e molto efficace,  una specie di flusso di coscienza alternato, la storia dell’incontro di due ra­gazze: tutte e due, ciascuna a suo modo, molto alternative, molto schizzate e molto infelici, che si sono conosciute in chat (passano molto alla tastiera, a volte indossan­do normalmente gli slip, altre volte calandoseli alle ginocchia) e adesso una delle due, quella più timida, più confusa, più piena di paure e, in sostanza, più incasinata, è venuta a trovare l’altra nella città emiliana in cui costei vive, consumando un rap­porto residuale piuttosto nevrotico con un compagno che non sembra valere troppo la pena.  Non c’è, nel breve giro di pagine disponibile, lo spazio per grandi sviluppi, ma si capisce subito che la situazione è più complessa di quanto appaia e che qual­cosa andrà a finir male, anche se nessuno, credo, si spingerà a immaginare quanto male possa finire.

Ma siamo nel noir più noir che si possa immaginare e l’opera non si raccomanda ai fautori del giallo come divertissment e, in generale, ai lettori di sto­maco debole.  Ma ce la si può fare, naturalmente, per scoprire che, come da previ­sioni, ne valeva davvero la pena.  Benvenuta a Barbara Baraldi, tenetevi forte e buo­na lettura.

21.01.’08

La collezionista di sogni infranti – Recensione dell’Angolo nero

Amelia, giovane triestina, prende un treno per incontrare una ragazza conosciuta in chat. Marina, la donna dall’altra parte dello schermo, ha una personalità borderline – solo che Amelia non lo sa… In una casa persa nel nulla della pianura padana, l’incontro tra le due donne si rivelerà gravido di conseguenze.

Romanzo breve o racconto lungo che dir si voglia (il vincolo della collana prevede 120mila battute), La collezionista di sogni infranti è una fiaba per adulti. Agli adulti si addicono infatti gli abbondanti elementi presi in prestito dall’immaginario horror letterario e cinematografico. Ma è una fiaba per la struttura narrativa e per il “lieto fine” (per quanto macabro e inaspettato, pur sempre nello stile del “e vissero felici e contenti”).

La scrittura di Barbara Baraldi è raffinata e perversa, e conoscendola viene da chiedersi come una giovane donna così timida e solare, che nella vita fa la fotografa, possa avere fantasie così “oscure”. Furto di identità, autolesionismo, paure (dell’altro, del diverso), relazioni malate che si intrecciano e si accavallano: tutto contribuisce a creare una spirale di inganni ansiogena, una continua tensione nella narrazione.

Date le precedenti e variegate esperienze di Barbara (La ragazza dalle ali di serpente, la vittoria al premio Gran Giallo Città di Cattolica con il racconto Una storia da rubare), La collezionista di sogni infranti non poteva che essere un libro fuori dalla definizione di genere. Volutamente fuori, visto che è stato pubblicato nella nuova collana diretta da Luigi Bernardi, Babele Suite, che si propone come evoluzione e superamento dei confini dei generi a favore della commistione. Che sia questo il futuro del noir?