Barbara Baraldi, parla la curatrice di Dylan Dog: “Un personaggio in evoluzione nel presente, per me come un fratello maggiore”
Su Today.it è uscita un’intervista approfondita, a cura di Stefano Bolotta, in cui faccio il punto di questo primo anno e mezzo di curatela, ma svelo anche qualche dietro le quinte dylaniato.
«La scrittrice emiliana è una delle più apprezzate autrici di thriller in Italia: ha ideato la serie Aurora Scalvati, profiler del buio e pubblicato decine di romanzi, l’ultimo dal titolo La bambola dagli occhi di cristallo per Giunti Editore. Il debutto in qualità di sceneggiatrice di Dylan Dog avvenne nel 2012. Poi, un decennio più tardi, il grande salto. In questi giorni si chiude il suo primo vero anno da curatrice e l’occasione per tracciare un bilancio è ghiotta. Baraldi non si è tirata indietro, rispondendo volentieri alle nostre curiosità di cronisti e soprattutto vecchi fan dell’Old Boy. Prima fra tutte: quello che leggiamo in questi mesi è già il Dylan Dog che ha in mente?
Dal punto di vista puramente tecnico, sono soddisfatta sia del lavoro di revisione sulle storie già presenti in archivio, sia di come abbiamo lavorato su quelle concepite durante la mia curatela – spiega Baraldi – La mia prima preoccupazione è quella di rafforzare ogni soggetto, amplificandone gli aspetti diciamo ‘sovversivi’ nel modo di raccontare, e in linea generale di incisività del racconto. Gli obiettivi sono in divenire, e cerco di procedere un passo alla volta. Credo che alcuni siano stati raggiunti, primo fra tutti la riconoscibilità del personaggio di Dylan Dog e il tono delle storie, fondendo diversi generi sotto l’egida dell’horror, in tutte le sue declinazioni, e senza mai dimenticare l’ironia. Le storie che state leggendo sono state interamente concepite durante questa gestione. Il Dylan Dog in cui mi identifico è una testata in grado di sovvertire le aspettative, un numero dopo l’altro, di emozionare e spaventare; che poi, tra le emozioni, la paura è la più antica. Dylan è un personaggio che pur non essendo mai uguale a se stesso, resta sempre fedele a se stesso. Elemento imprescindibile è l’imprevedibilità: Dylan Dog è in rivoluzione perenne. Seguiamo una ‘direzione’, ma non una ‘formula’.
Nelle ultime storie pubblicate c’è grande attenzione verso temi sensibili e rilevanti all’interno della società attuale: le problematiche legate all’invecchiamento, il bullismo, gli hikikomori. Quale può essere il ruolo di personaggi di fantasia come Dylan per sensibilizzare?
Non credo che il ruolo di una serie come Dylan Dog sia sensibilizzare su qualcosa – specifica – Non è una forma di ‘edutainment’, non è un racconto morale e, in ogni caso, sarebbe presuntuoso. Ci sono storie di puro intrattenimento e storie che ruotano intorno a tematiche attuali, o universali. Indagare temi sensibili fa parte del suo Dna, ma il sottotesto non può sovrastare il racconto. Dylan indaga gli incubi e nella contemporaneità c’è solo l’imbarazzo della scelta. Si nutre delle nostre inquietudini e le rielabora sotto forma di racconto dell’orrore. Incoraggio ogni autore a uscire dalla propria comfort zone, ad attingere alle profondità del proprio inconscio, delle proprie paure, e a proporre solo storie che ha l’urgenza di raccontare. Dylan è filosofico e psicanalitico, ma non ingessato né accademico. Con la mia lettera agli autori, dopo l’insediamento, ho chiesto di ragionare come se ogni storia fosse l’ultima. Sono molto esigente, in questo senso, anche perché ho una bassa soglia dell’attenzione e una scarsa tolleranza alla noia. L’importante, per me, è che sia una lettura appassionante e che, dopo aver chiuso l’albo, il lettore si ritrovi in testa più domande che risposte.»
Se volete sapere come vengono scelti i soggetti, quali sono i prossimo obiettivi, la risposta alla domanda che in tanti mi fate sul ruolo di Tiziano e molto altro, potete leggere l’intervista completa: QUI.
Grazie a Stefano Bolotta per la bella chiacchierata.